Mai facile avvicinare un vino di Anselme Selosse, vuoi per il personaggio, vuoi per il mito, vuoi per tutto quanto se ne dice in giro. Però è indubbio che ogni volta che se ne apre una bottiglia è un piccolo evento capace di radunare esperti e conoscitori (del resto non si dice sempre che ogni bottiglia è diversa dall’altra?) e neofiti incuriositi dall’averne letto il nome nei posti più disparati.
In attesa di trovare Selosse in qualche privèe di discoteca alla moda, ci accontentiamo di berlo in cantinetta in Osteria.
Ed è un tripudio di note intriganti e fiere. Si parte da fiori gialli mediterranei, ginestra, peonia poi erbe aromatiche , erica, miele, fieno, pompelmo rosa e un finale di mojito mentolato e balsamico. Soprattutto poi a bicchiere vuoto, un sentore di lampone e fragola che pare venire da chissà dove e invece, ci eravamo un pò distratti, capiamo essere la manifestazione del terroir, nel nostro calice. Emozioni, sì dai.
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