E’ il 1944, i giorni sono quelli del famigerato Eccidio di Civitella in Val di Chiana (AR) quando dodici bambini e una madre si nascondono nel bosco per sfuggire alla guerra e per 15 giorni si nutrono dei frutti della terra. Oggi, 2015, sei chef reinterpretano i frutti del bosco in piatti gourmet. Un’esperienza nuova vissuta alla ricerca di nuovi sapori ed emozioni che ci ho portato realmente nel bosco armati di torce (vere) in cerca delle radici del sottosuolo toscano reinterpretati dalle preparazioni di Tosco Bosco ed esaltati dal talento di un gruppo eterogeneo di chef.Bellissimo il luogo e il bosco scelto per la presentazione della nuova linea di prodotti in quel di Sant’Andrea a Pigli (location in genere usata per matrimoni e altri ricevimenti, davvero di livello inusuale e ricca di suggestioni toscane) .
Bella anche l’introduzione alla serata con un lungo aperitivo per iniziare a degustare i prodotti per poi essere coinvolti di persona nella ricerca nel bosco dietro i bambini-fantasma del 1944.
Infine il banchetto con le sei postazioni degli chef ad offrire le loro interpretazioni dei prodotti Roots:
Per i curiosi, ecco le ricette dei vari chef e le loro visioni sui prodotti del bosco, originali e stimolanti anche se oggettivamente piuttosto difficili da replicare a casa. Si tratta di prodotti destinati ad un pubblico molto selezionato di gourmet appassionati che troveranno di certo pane per i loro denti ma che potrebbero lasciare perplessi molti altri… Di certo nell’anno di Expo è una categoria di prodotti su cui dovremmo riflettere e approfondire perchè scavano nella nostra storia antropologica in maniera intensa e diretta molto di più di quanto credevo prima di affrontare l’esperienza…un ritorno al passato e al nostro passato di raccoglitori che fa capire quanto si sia evoluto il gusto per il cibo.
Ecco elenco e interviste ai protagonisti :
Simone Cipriani – Figlio d’arte, ha però fatto una scelta coraggiosa trovando un suo percorso autonomo lontano dal ristorante paterno. E ha la fortuna di incontrare tre chef bravi, molto diversi, dai quali apprende tecniche e soprattutto la passione per questo lavoro: Daniele Sera, Francesco Berardinelli, Gaetano Trovato. Poi inizia la sua vera carriera al Santo Graal di Firenze, un laboratorio di cucina, dove riesce a imporre il suo stile, usare ingredienti poveri e riprendere la tradizione arrivando a un prodotto nuovo e affascinante nel rispetto della storia: cambiare il formato, ma conservare il gusto ovvero eliminare il superfluo per arrivare all’essenza.
Fernando del Cerro – Fernando inizia il suo viaggio nel mondo della ristorazione come pasticcere per poi scoprire la vocazione della cucina. E’ lo chef del ristorante Casa Josè di Aranjuez, località a circa 40 Km a sud di Madrid . Un luogo particolarmente privilegiato, perché già dal XVI secolo la famiglia reale lo scelse come sede per stabilirvi la propria residenza estiva . Il particolare microclima della zona permise la creazione e lo sviluppo di rigogliosi orti reali, che ospitarono le nuove specie vegetali che arrivavano dal Nuovo Mondo e che poi, da questi orti, si sono diffuse in tutto il nostro continente. Anche Fernando ha il proprio “orto”, o meglio la “huerta”, da dove traggono origine le verdure utilizzate in cucina, ma pur amandole e valorizzandole nelle ricette, ci tiene a proporre una carta estesa anche alla carne ed al pesce. In particolare Fernando ha approfondito una cucina che dà ampio risalto a tutto ciò che nasce non solo sopra, ma anche ” sotto la terra” . Proposte elaborate con tuberi e radici non mancano mai nella carta con uno sguardo rivolto in particolare alla tradizione gastronomica orientale, soprattutto giapponese, per la quale il nostro chef ha una vera e propria predilezione.
Michelino Gioia – Approda al The Cesar nel 2003, dopo aver lavorato al Baglioni di Bologna, al Four Seasons di Milano e all’hotel Eden di Roma. Nelle cucine di Alain Ducasse e Gaetano Trovato ha sviluppato una visione globale della cucina e della ristorazione, che lo ha portato a migliorare ed approfondire la cura per ogni singolo dettaglio: dalla scelta delle materie prime all’atmosfera ricreata nella sala da pranzo. La sua combinazione armonica di sapori e colori, segue due regole fondamentali: valore per l’aspetto naturale del prodotto e rafforzamento del legame con il territorio. I piatti preparati seguono le stagioni e la maggior parte degli ingredienti vengono coltivati nell’orto del ristorante. Un suo piatto “signature”: La Gallinella in lardo di montagna finferli e salsa ai ricci di mare, un’audace ricetta mare-monti che riesce a coniugare eleganza e grandi sapori.
Sara Preceruti – Lomellina di nascita, comasca d’adozione, cuoca per passione e convinzione. Cresce nella cucina de La Locanda del Notaio di Pellio Intelvi fino a diventare chef a soli 27 anni. Con una brigata ancora più giovane di Lei, non solo porta avanti con successo la cucina, ma nel 2012 diventa la più giovane chef italiana ad ottenere una Stella Michelin e conferma annualmente tale riconoscimento fino al 2015. In carriera può vantare numerosi attestati di stima da parte della critica, tra i quali quello di “Migliore chef donna 2014” secondo la guida Identità Golose. La sua è una cucina diretta, sincera e innovativa dove si possono trovare rivisitazioni di ricette classiche di molteplici regioni italiane. Ama la pasta al ragù e la cioccolata. Ora è in un momento importante della sua vita: la ripartenza alla guida della cucina de L’Antico Crotto a Porlezza, una storica locanda sulla parte italiana del lago di Lugano che con Lei probabilmente troverà il rilancio che merita.
Tomohiro Uido – Quasi per caso, per arrotondare lo stipendio, Tomohiro Uido, finisce in un ristorante indiano di Tokyo. Lo chef è appena tornato da un esperienza in un famoso ristorante francese e Tomohiro scopre per la prima volta i sapori tradizionali francesi attraverso l’omelette e la fricassea preparati dal grande cuoco per il personale. Dopo un po’ di tempo lo chef gli consiglia di scegliere tra la cucina francese e la cucina giapponese. Eccolo quindi in Francia, e una serie di esperienze lo portano attraverso cucine molto famose. Come quelle de “La Côte sain jacques” (3 stelle Michelin) a Joigny, come “Le Trèfle à quatre feuilles” (2 stelle Michelin) a Genval, come « la Terrasse »(2 stelle Michelin) a Juan les Pins. Nel 1994 ottiene il suo primo posto di chef nel ristorante di Saint-Léger-en- Yvelines “La belle aventure”. Qui incontra Nadine, la sua moglie con la quale inizierà una “bella e fantastica avventura” sia personale che lavorativa. Insieme nel 2001 riprendono un ristorante nel villaggio di Marly-le-Roi :” le Village”. Nel 2011 Tomohiro riceve la sua prima stella Michelin. Le sue ricette rappresentano l’unione tra la gastronomia francese e le tecniche asiatiche . I suoi piatti sono il frutto di due culture e di abbinamenti audaci e di una tecnica infallibile.
Erika Bergheim – L’albergo è di quelli che si ricordano: lo Schloss Hugenpoet, 37 camere individuali e suite di grande confort e ben 8 sale per eventi in un ambiente suggestivo che risale al XVII secolo e che trasmettono un senso di esclusività e prestigio. Un’eccellenza che non si limita all’ospitalità ma che si estende anche alla ristorazione. Questo è il regno di Erika Bergheim, una tra le migliori cuoche tedesche , che ama il green, ha il proprio orto, predilige i prodotti freschi e le verdure, ha scelto da tempo la strada del bio. Cosa rende la sua cucina così particolare? Ecco cosa ci risponde: “Il mio scopo è quello di mettere in risalto il sapore proprio di ogni singolo ingrediente o meglio di trasformare questo sapore in unione con altri ingredienti in una esperienza di gusto armoniosa”.