Ci sono momenti in cui lo scrivere di vino ti pare utile e importante per far capire quanto profondo sia il legame del nostro popolo a questa bevanda e altri in cui una immagine, una sensazione e un connubbio speciale te lo svela in tutta la sua potenza in un attimo. Fossi nella soprintendenza agli scavi di Pompei, metterei solo un ingresso qui e farei entrare tutti dall’Anfiteatro in modo che uscendo si ritrovino di fronte a questo spettacolo meraviglioso e mozzafiato.
Poi nel percorso incontri case, cortili, incontri taverne con i banconi che ti immagini ricolmi di cibo e bicchieri, vedi anche l’Autogrill più bello del mondo di ogni tempo in mezzo agli scavi, scendi per la via delle tombe e se sei fortunato, in fondo al tuo viaggio cerchi di lasciarti la Villa dei Misteri.
Mozzafiato, immensa e fascinosa, così aperta e così oscura, così lampante e abbacinante nella sua bellezza e così solamente a metà svelata, così contadina e così nobile, senza soluzione di continuità. Incontri delle presse per il vino, incontri le anfore sepolte alla Gravner o alla COS, incontri una cantina nel cortile, incontri la storia cristallizzata quaggiù. Percorrendo gli scavi così pare quasi di non uscire mai dal vino, dal vigneto e dalla sua magia. Angelo Di Costanzo lo ha assaggiato e mi riprometto di farlo anche io quanto prima, ma la qualità del vino in questo contesto ha poca importanza: ha molta più importanza che qui in questa città con il Vesuvio sullo sfondo, il mare alle spalle e un pino là nel mezzo, c’è più Italia di quante ne possano contenere milioni di cartoline vendute ogni giorno. Compreso quel pizzico di fascino dark che solo i misteri più viscerali possono riservare ai viaggiatori curiosi e appassionati.