All’interno della rassegna La Cucina al Centro di Cantina PieveVecchia ho organizzato un piccolo seminario con cena abbinata sui vini sudafricani di cui molti hanno parlato per via dei mondiali e che paiono purtroppo per tornare nell’oblio dopo pochi mesi. E sarebbe un vero peccato perchè assaggiandoli si scoprono molte cose, e non solo sul SudAfrica ma anche su cosa significhi lottare e impegnarsi per trasmettere un terroir attraverso il vino.Serata scandita da coppie più o meno equivalenti per struttura, vitigno, prezzo e abbinamenti a parte inizio e fine dedicati al Sudafrica con uno dei più famosi metodi classici locali e la chiusura ad uno dei più celebrati “porto” del nuovo e nuovissimo mondo.
Poncracz JC Leroux Methode Cap Classique
Paglierino molto vivace (vinkelwjin!) naso acceso e vispo di fiori bianchi nocciola e leggero fruttato rosso fragola e mela. Bocca dolcina ma senza esagerare, persistenza buona, ottima beva e grande l’abbinamento con il baccalà fritto servito al cucchiaio.
Biancamara IGt Toscana 2009 PieveVecchia
solo 800 bottiglie per questo “Le Zere” passato in tonneau per 6 mesi. Bel mix tra fiano, chard e vermentino, riesce ad andare oltre i varietali e dare un quadro molto interessante di bianco maremmano, ovviamente molto ricco solare e carico ma non eccede mai riuscendo ad essere piacevole e beverino. Ginestra, pesca, agrumato particolare e suadente sono le note dominante, bel vino davvero.
Fleur Du Cap Chenin Blanc 08
Delicato naso di fiori di tiglio, gelsomino e acacia, poca frutta e se c’è è bianca e delicatissima. Note dolci da chenin della Loira appena presenti ma avvertibili. Bocca più scontata con legno che si sente un po’ troppo, finale gradevole sull’amarognolo ma non conferma del tutto il naso davvero incantevole.
Fleur Du Cap Pinotage 07
Classico Pinotage nel bene e nel male con filo di acetaldeide, accenno di pollaio e selvatico ma bello il lampone e la fragola molto squillanti. Bocca fresca con tannino gentile (berlo freddo si può) e finale che ricorda la caramella charms ai frutti di bosco. Molto azzeccato e non eccessivo, caratteristico.
Chorum 2007 (montecucco sangiovese 100%)
Vino simbolo dell’azienda per compiutezza dell’espressione del Sangiovese del Montecucco già dal colore molto pieno deciso e porpora. Naso boscoso, speziato ma dominante è sempre la caratteristica armonia del sangiovese tra viola e la ciliegia con note floreali prevalenti al naso e fruttate rosse in bocca. Poi anche liquirizia e tabacco kentucky, finocchio e quasi un mentolato. Bel finale asciutto e invitante per il bicchiere successivo, vino semplice e diretto, ma perfetto (piaciuto anche parecchio ai tipi del concorso tedesco Mundus Vini, pare)
Allesverloren Shiraz 2008
Grande fattura e grande impressione subito al naso anche se con un filo di selvatico non pulitissimo. Colore appena granato che stupisce ma l’impressione è davvero molto Rodano con pepe bianco, vaniglia, ematico e molto cassis e ribes rosso, anice ed erica. In bocca ha un tannino levigato e già prontissimo da bere e un finale molto persistente. Stupisce per leggerezza ed eleganza, pur non essendo perfetto davvero uno dei più grandi syrah sudafricani.
Pieve dei Monaci 2007 (syrah igt maremma toscana)
Cupo e solenne, quasi color melanzana porpora acceso, ti fa pensare al classico super vino pesante e solenne invece ha un naso suadente e ricco di pepe verde e rosa, ematico, mirtillo e ribes nero, ecol tempo si liberano anche note minerali e di sottobosco. Gusto deciso ovviamente ma non esagerato, accattivante con una bella sapidità e una freschezza che lo sorreggerà per lungo tempo. Da marcare stretto nei prossima anni…
AllesVerloore Fine Tawny 2004
Red Muscatel Touriga Nacional e altri a dare una bella “imitazione” del Porto con note appena brucicacchiate di prugna e marmellata di fragole poi peperoncino, spezie vivaci, amarena e note chinate e pepe rosa. Da conversazione ma anche da bei formaggi stagionati, dolce ma non troppo.
Parlare di confronto e scontro è forse un po’ esagerato ma sicuramente Montecucco e Sudafrica rappresentano due terroir nuovi solo per modo di dire visto che già da centinaia di anni si produce vino in queste zone, ma che dal punto di vista commerciale hanno visto solo negli ultimi anni un movimento degno di nota. Da una parte la voglia e spesso anche la capacità di far sentire la Maremma con i suoi colori, i suoi profumi e sapori e i suoi caldi contrasti di umore e sensazioni con una strada che parte giocoforza da Sangiovese e Vermentino ma ha il coraggio di allargare i suoi orizzonti, dall’altra la voglia di dare una voce locale tipica e nuova a vitigni che hanno già detto molto altrove. E nei casi migliori pare davvero che la strada imboccata sia quella giusta, per il Sudafrica con un Pinotage che non ha più timore di ammettere di essere un vino particolare, selvatico e curioso senza mai aspirare ad essere un grandissimo vino, uno Chenin che sa anche affrancarsi dalla barrique e soprattutto un Rodano potente e sfaccettato con voce esotica con il Syrah.
A PieveVecchia il Syrah parrebbe un estraneo e magari anche lo Chardonnay e il Fiano ma in realtà sono tasselli interessanti con cui costruire la gamma e far parlare la Maremma un linguaggio più chiaro e leggibile. Ma ovviamente la strada maestra è il Sangiovese coniugato con tecnologia e lavoro in vigna come dimostra la prima vinificazione Ganimede parcellare del vigneto della Pieve (quello più storico, che sorge sopra il sito archeologico romano e medioevale) . Una parte alta del vigneto soffice, cremosa dai profumi floreali intensi e incantevoli di lavanda, viola, primule e lamponi appena colti e una parte bassa più scura corposa con nota di ciliegia e cuoio già in evidenza.
Assemblandoli e gustandoli così , appena nati, nel bicchiere in cantina si corre il rischio di essere forse un po’ troppo entusiasti ma la sensazione di quanto annusato ci è rimasta dentro al cuore , così come ogni dettaglio di questo scorcio entusiasmante di Maremma.