“Vino anarchico testabalorda” lo definiva Veronelli, e Gianni Agnelli lo beve mischiato allo champagne come aperitivo estivo. Oggi il grignolino dopo anni di difficoltà esecutive e di posizionamento di mercato pare aver centrato il punto e fatto breccia nei bicchieri degli appassionati di vino piemontese e non solo. Questa edizione 2021 di Monoalbero usa l’anfora per ammorbidire il tratto tannico spesso eccessivo e allargare la componente aromatica, riuscendoci benissimo. Note di rosa, mirtillo, melograno, lamponi in confettura, terrosità piacevole e sorso mai banale con note immediate godibili e altre più ricercate compreso pepe nero, liquirizia e cuoio e vena eterea molto pronunciata.
Invecchiamento per 8-10 mesi in anfore di terracotta di Impruneta di varie dimensioni. Successivo invecchiamento in bottiglia posizionata in senso orizzontale a temperatura controllata.
Pare che il grignolino sia l’uva più antica del Piemonte, o comunque tra le più antiche, fatto dimostrato anche dalla citazione in atti d’affitto di vigne di barbesino, il grignolino appunto, risalenti al 1246. Le “grigne”, o “grinee”, o “gragnole” sono i vinaccioli di cui quest’uva è particolarmente ricca e che possono dare problemi nella vinificazione rischiando di apportare al vino un’eccessiva tannicità. Il colore molto scarico ha fatto sì che nella storia del grignolino compaiano lunghi tempi bui, soprattutto negli anni ’90, quando i vini venduti e premiati erano rossi rossissimi e corposi, e molte aziende hanno smesso di produrlo…per fortuna alcuni produttori hanno continuato a produrlo nonostante tutto e oggi la gamma dei grignolino sul mercato è tra le più interessanti del settore enoico della regione.