Gourmet, impavidi, amandi delle frattaglie e del proibito, enosnob, critici, ristoratori, sommelier,gelatieri, uomini: questo l’identikit dei 10 della cricca dei Palati che si è stretta attorno ad uno degli chef più amati di Firenze, ovvero MArco Stabile, per assaggiare un pezzo dimenticato della mucca dai tempi della sua pazzia. Per capire come mai l’umanità si è dimenticata di questa parte del bovino, leggete da Aldo, a noi basta riferirvi due impressioni su martedì sera, e su cosa abbiamo bevuto…Il messaggio era chiaro “Io porto un Caprai 97, non fate i tirchi”. E quindi ecco la saga del 97 con Brunello di Montalcino Uccelliera, morbido, ricco ma un po’ posato, un finalmente pronto e ancora pieno Dal Forno Valpolicella Superiore e un raro, costosissimo e prezioso Bellavista Castello di Ama 1997, appunto: sangiovese indiscutibilmente chiantigiano, in punta di piedi ma caldo ed emozionale, fine ed elegante. Vicino il Cerbaiona 1998, sempre campione di misuratezza e frutto di bosco carnoso ma l’annata meno felice si sentiva.
Però per esempio nulla in confronto al Caprai 1997 di fronte al quale siamo rimasti tutti allibiti per l’equilibrio straordinario, il gusto profondo ma dinamico, i profumi speziati in un tuttuno con un frutto vivo quanti pochi mai. Un Grand Cru Classè con pochi rivali anche in altre zone d’Italia, un monumento alle idee di Marco, suo padre e una epifania di ciò che DEVE essere un Sagrantino e a cui arriveremo prima o poi. Di fronte a Caprai sparivano un pò alcuni vini che avrebbero risolto alla grande altre serate come il buon Presidium Montepulciano d’Abruzzo 2001, lentissimo ad aprirsi e il Campore di Terredora 2003 o il Rovvitello 2001 di Benanti, caratteriali ma di eleganza sopraffina. E scusate se arrivo solo ora al cibo, del resto sono arrivato (ero in Osteria fino alle 22:45!) a fine serata e ho ricevuto da Marco un trattamento commovente con tutti i piatti ri-cucinati (vi assicuro, non solo riscaldati!) appositamente per me, uno dei regali più grandi che potessi ricevere.
Ed ecco i palati fritti con verdure ed una salsa speziata da urlo a base di yoghurt da bere quasi da sola, un risotto seminale primigenio che mi ha fatto tornare bambino con burrata di bufala e palato cotto come la trippa alla fiorentina, una perfetta fusione di morbidezza, acutezza di sapore e profondità di gusto. (molto meglio se leggete da Aldo, mi sa).
Poi il piatto del mese ovvero uno “spezzatino” di palato, in tutta la sua bellezza e fascino trash quintoquartista accompagnato da un blinis (frittella) di patate, pesca arrostita e capesanta. Difficile da definire il palato, calloso e saporito, intenso ma sfumato, perfetto in abbinamento alla pesca e addolcito dal blinis, mamma mia che roba.
Dulcis in fundo, con un Riesling Eiswein di Doc, Rheinard 2000 dal Pfalz e un inedito Anemo, Longanesi Passito di Daniele Longanesi , meloni e cocomero compressi e uno spettacolare biscotto all’olio del chianti infilzato su un gelato “latte e menta”, altro tuffo nella memoria infantile.
Mi alzo felice, soddisfatto, appagato tra chiacchere di incontri futuri…bisognerà avere fegato, pare.