Arrivare quaggiù e trovare addirittura l’arcobaleno stagliato sopra l’isolotto pare quasi troppo bello, specie se hai in animo di festeggiare il tuo compleanno con una cena particolare. Orario d’arrivo ideale verso le 19 di piena estate, clima perfetto. Ci accoglie Gianni Alocci, manager di questa struttura da sempre praticamente. O almeno da sempre quando è diventato un luogo di riferimento per l’eccellenza. Vediamo se è proprio così. Giro intorno al complesso, piscina privata, spiaggia a disposizione dei clienti, la SPA piccola ma completa e comfortevolissima. Sorrisi e gentilezza ovunque, anche se non sei di questo ambiente e di questo “ceto” nessuno ti guarda dall’alto in basso e sei subito a tuo agio. Sei all’interno di un meccanismo perfetto di cui non senti muoversi gli ingranaggi ma solo il fluire della serata che ti scappa via veloce come solo le cose belle sanno fare.
Di Antonio Guida avevamo letto un gran bene e tanto della sua grande francesità (allievo di Pierre Gagnaire) e la curiositàn era tanta. Tris di amuse bouche che farebbero gola come primo piatto a molti locali con piccione su patata all’arancio, piccolo capolavoro, e un vassoino con vari stuzzichini tra cui un sublime ovetto di quaglia all’occhio di bue su disco di cipolla fritta. Arriva la tempura con lo scampo e la rana pescatrice, leggerissimo, bianco e croccante, con verdura essiccata piena di profumo e sostanza, melanzane, zucca, zucchine.
Insieme viene servita una salsa agrodolce con peperoni, aceto balsamico, porto con “dentro” una tartare di acciughe, piatto intensamente umami e insospettabilmente profondo e persistente. Poi un momento faticoso che gli amanti dei gusti forti apprezzeranno senz’altro con foie gras, caviale rosso e nero, lumache, che mettono a dura prova qualsiasi vino abbiate in tavola.
Cominciano i primi e quasi un grande classico il risotto al nero di seppia, salvia, calamaretti spillo e crema di riso alla
curcuma all’apparenza faticoso, in realtà con gli ingredienti perfettamente in equilibrio per consistenza e persistenza al gusto . MEglio ancora i ravioli farciti con granseola, salsa al rabarbaro e finocchio , di una leggerezza notevole e capaci di svegliare e rinfrescare il palato ad ogni forchettata. Te ne portano “solo” due, ne mangeresti duecento e ti restano in bocca per dei minuti.
Chiediamo di inserire nel menu (in genere ono è prevista , ma dipende dalle settimana) la ormai famosa “triglia vegetale” ovvero una triglia avvolta nel fiore di zucca con crema di peperoni ed olio di Argan. Piatto che intriga stupisce e poi ammalia, non riusciremmo a descriverlo meglio di Aldo, però.
Siamo in chiusura (ovvero con i secondi) ed ecco il San Pietro alla griglia con lumachine di mare e pastina di acciuga, croccante il pesce, saporito e rinforzato dalla pasta d’acciuga. Piatto forte l’agnello sevito con un involtino di bietola con bulgur(grano spezzato). L’agnello con salsa con cardamomo e zafferano funziona molto bene e macchia il palato, il grano e la bieta lo puliscono in maniera egregia.
Dolci variegati dal classico soufflè al ciocoolato fino a “Il biancomangiare” con cocco, salsa alla banana, lamponi farciti e gelato allo yogurth. Ci sono anche le madeleines, i macarons al pistacchio (notevoli) e un parfait alla liquiriza con cristalli di foglie di tabacco, un piatto che ti fa subito pensare ad amaro e contrasti troppo forti e che invece appassiona e ha aromi suadenti che ricordano un Brunello di annata (buona).
In abbinamento avevamo concordato con il manager un piccolo grande favore personale ovvero di portare alcuni vini in assaggio “da casa”. Partiamo con il Grand Brut di Perrier Jouet(il “base”) per augurare fortuna agli Antinori che dal prossimo mese cercheranno di bissare il grande successo che hanno avuto nel distribuire Krug in Italia. Proseguiamo in parallelo uno Chassagne Montrachet di Joseph Drohuin del 1998, bottiglia in grande spolvero che sorprende e stupisce per freschezza e ampiezza di gamma aromatica: prevalgono nocciola, burro e sensazioni speziate ma il fruttato sottende a tutto e risolve con una eleganza paurosa. Dicevamo in parallelo un Riesling Wehlener Sonnenhur Mosel 2003 (nome del produttore in fase di recupero ;-)), uno Spatlese ma trocken ovvero secco (neanche troppo però) che ha una baldanza aromatica di frutta esotica sbalorditiva e un sottofondo di idrocarburi che sottolinea alcuni momenti dei piatti sottolineando l’esperienza in maniera squillante. Nel mezzo un bicchiere di Chateau Montelena 2002, lo chardonnay californiano reso famoso dal Judgement of Paris del 1976 e tornato alla ribalta con il film Bottleshock che ne ripercorre le gesta.
Ci viene servito con scetticismo e un sorriso (“troppo legno”) ma anche lui regala qualche emozione, un pò più calcolata e cerebrale ma sempre emozione. In ogni caso, compattezza e frutto sono notevoli per un bianco di 8 anni. Finale “bianco” con l’Ansonica Bucce di PoggioArgentiera, un concentrato di agrumi, arancia mandarino e quasi pompelmo rosa che evidenziano l’essenza di inzolia, corpo medio e finale interessante per un vino che però sarà sul mercato solo dal prossimo inverno.
Sezione rossi ovviamente ridotta ma con due “grand-cru-wannabe” della maremma Toscana, il Capatosta 2008 (sul mercato tra qualche mese) e il Ciliegiolo “senior” da vigna di sessant’anni di Antonio Cammillo da Pitigliano (tufo, tufo e ancora tufo). Due signori vini, imponenti per costruzioni ma sempre snelli ed eleganti che segnano un passo avanti nella definizione di vino maremmano da sempre potente concentrato e dolcione e adesso alle soglie di altri grandi vini toscani. Vini di terroir, di estratto ma mai sopra le righe.
Finale con uno dei caffè più buoni che abbia mai assaggiato, una arabica indiana dalla presentazione anche esagerata ma in fin dei conti veritiera, ricchissimo fine equilibrato come un jamaica blue mountain e con una nota esotica brillante e dinamica. Chapeau pure al caffè, un Chickmagalùr Karnataka torrefatto da Laboratorio di Torrefazione Giamaica Caffè di Verona.
Servizio impeccabile e stupefacente, tante persone che ti svolazzano attorno, nessuno che ti chieda mai “liscia o gassata”, e neanche il terribile “tutto bene” dopo ogni piatto, per quello ci pensa Antonio Guida che negli attimi di pausa esce dalla cucina per sincerarsi con i clienti dei risultati.
E dopo 5 ore a tavola, non ti sei neanche accorto che hai cambiato 5 tovaglioli, 8 bottiglie di vino e svariate portate. Soprattutto perchè non ti alzi stanco ma “ristorato” sul serio e in questo senso Il Pellicano è uno dei veri pochi “restauranti” che esistano.
Il Pellicano
Loc. lo Sbarcatello
Porto Ercole-Monte Argentario(GR)
Tel.0564858111
Menù degustazione Calamandino 120 euro, conto finale comprese bevande ed extra senza vini sui 150 euro.
http://www.pellicanohotel.com/
Cucina sui 17,5/20 ma location e servizio da 20 quindi fate voi i conti…