Finito Vinexpo, si agitano ancora le polemiche e nel tiro a bersaglio generale c’è anche l’affondo di Robert Beynat (CEO di Vinexpo appunto) che spara a zero sul vino su internet dicendo che in pratica non rappresenterà mai di più del 8% del venduto e quindi è un canale considerato comunque minoritario. Un pò appunto come dire che Internet non è adatto al vino.
Proprio nei giorni in cui Dr. Vino dimostra che invece almeno può essere d’aiuto per risparmiare. E cosa c’entra questo con la crisi dell’editoria?Anche l’editoria pare stia messa molto male e ogni tentativo fatto finora di usare la rete per aumentare gli introiti ha funzionato solo limitatamente. E Internet viene in realtà visto alla Murdoch ovvero un branco di parassiti pronti a sfruttare le notizie e i contenuti prodotti da altri per darli in pasto ai propri lettori strappano pageview a destra e a manca.
Questa analisi invece di Alan Murray del Wall Street Journal merita un’occhiata approfondita (qui su Masternewmedia) perchè dimostra come in realtà sia il mix dell’offerta su internet ad essere sbagliata e che gli editori in realtà non hanno chiaro cosa i lettori sono disposti a pagare e cosa no. E invece capire che la coda lunga in questo caso puà funzionare, regalandoi contenuti di interesse più ampio e vendendo quelli di interesse limitato ma enorme per un pubblico specifico. Nell’articolo si prendono gli esempi dei prezzi dell’Energia e del petrolio in Texas o dei risultati delle squadre sportive locali ma credo chenel mondo del wine & food non mancherebbe esempi altrettanto calzanti.
E lo stesso per il vino: internet forse non sarà mai un mercato “massive” per i vini ma è certo che per certe tipologie di contenuto (vedi le schede WS o certi articoli del Gambero Rosso online) e per certe bottiglie è un canale di approvvigionamento fondamentale. E pagabile anche volentieri!
Sennò perchè Fine+Rare da Londra avrebbe deciso di aprire una filiale anche ad Hong Kong per il loro sito di compravendita privata di bottiglie da collezione?