Misterioso e affascinante, sottile e trasparente eppure energico mutevole e sensibile nei confronti del luogo dove cresce, capace di sprigionare i profumi più arditi e sensuali del mondo del vino ma allo stesso tempo l’uva più complicata al mondo da coltivare e vinificare nel modo migliore: è facile capire come mai il pinot nero abbia un posto così speciale nel cuore di tutti gli appassionati di questa bevanda. E la Toscana poteva forse tirarsi indietro in questa sfida? In edicola su Business People di Settembre trovate una rassegna piuttosto completo sul tema…
Se escludiamo Alto Adige, Trentino, appennino marchigiano e Oltrepo’ Pavese (dove viene soprattutto utilizzato come bollicina) la sorpresa del pinot nero italiano viene dalla Toscana non nuova a infatuazioni per le uve francesi come dimostra Bolgheri nata per inseguire il gusto dei vini di Bordeaux. Ma rispetto a cabernet sauvignon e merlot, il pinot nero è molto più difficile da coltivare e gestire al meglio nel nostro clima mediterraneo ed è necessario trovare luoghi e terroir che sappiano in parte ricreare il microclima fresco e umido della Borgogna. Non stupisce che il nuovo grande movimento del pinot nero toscano nasca dall’Appennino con le sue valli impervie e le altitudini elevate, da sempre ritenute inadatte alla viticoltura perchè il sangiovese non era in grado di attecchire al meglio…
Buona lettura!