Il problema delle foto e delle illustrazioni d’arte è che non rendono mai “the real thing” ovviamente e un pò me ne dispiace perchè mostrarvi questo Bella con un libro e un vaso di fiori o Bella a Mourillon dalla mostra di Chagall a Pisa non fa capire la sensazione visiva che il quadro dà con i fiori esaltati e quasi fuori dalla tela con i loro profumi e la testa dell’amata sfumata sullo sfondo. Per tacere dell’emozione che sanno regalare le campiture di colore, blu, giallo, rosso che caratterizzano il Mediterraneo di Chagall.
A leggere tutti i libri su di lui ci si immagina un pittore un pò più cupo, fantasioso e creativo e quasi un pò dark ma tutto questo è tenuto fuori dalla mostra pisana che punta tutto sul sole e sul calore della Provenza e della Grecia e sull’immaginario biblico mediorientale raramente reso così moderno.
“” ...ciò che mi ha sempre tentato di più è l’aspetto invisibile,
quello cosiddetto illogico, della forma e dello spirito,
senza il quale la verità esteriore per me non è completa”
Le figure di innamorati spuntano un pò ovunque come in Le table devant le village e in parte si fondono e in parte sovrastano il paesaggio restando sempre immerse in questo eppure trascendendolo.
Come se il ricordo di certi momenti fosse legato ad una persona e solo attraverso di lei potessero rinascere nella memoria. Ciò che Chagall scrive dei fiori noi spesso lo attribuiamo al vino, ovvero questo essere capaci in un sol momento di rievocare un momento, una sensazine, una emozione così fortemente scolpita nel nostro animo. Così sono i fiori nei quadri di Chagall, vividi intensi pieni di dettagli che quasi escono dai dipinti e tutto il resto vi si accoda come trascinato dalla forza espressiva floreale.
Forse perchè sono stato povero, da me non c’erano fiori.
La prima a portarmene è stata Bella. Poi, in Francia…
Si può riflettere e pensare a lungo sul senso dei fiori,
ma per me sono la vita stessa nella sua smagliante felicità.
Si parla sempre del blu di Chagall ma mai come in questo quadro Saint Jean Cap-Ferrat, 1949, se ne vive appieno la drammaticità intrisa di dolcezza che dovevano essere i ricordi della moglie da poco morta (1947) leniti dall’incanto della Provenza magica cosparsa di luci, fiori e profumi sotto una luna affettuosa e comprensiva. Dove finisce il cielo in questo quadro e dove cominciano i ricordi? Dove è il paesaggio che viene descritto e dove sono i fiori? Nella memoria in braccio all’amata o sotto una bianca luce lunare? Il dolore e la vita confondono tutto e noi percepiamo insieme dolcezza e dolore, separazione e coccola.
E se non sono i fiori sono i violini e la musica a spuntare dalle tele a dare un movimento e un senso agli spazi dove navigano le figure umane. Ogni quadro in questo Mediterraneo ha un ritmo, il sirtaki dei dipinti “greci”, la solenne marcia degli ebrei attraverso il Mar Rosso, il violino in quelli francesi e non solo nei disegni destinati all’Opera o nel Trionfo della Musica stesso, anche laddove non te lo aspetti ecco uno strumento a suonare, appena accennato, senza le mani del suonatore, intenso e coinvolgente di per sè. Il violino viene dal passato e dall’infanzia (lo zio di Chagall era violinista) e diviene sinonimo di musica stessa e di ritmo della vita.
Quando mancano musica e fiori, è il colore e il movimento del quadro a dare il ritmo e il senso come nel bellissimo “il Figliol Prodigo” in cui tutto si ferma e si sospende nella festa per l’abbraccio tra padre e figlio. E la stessa sospensione si fa cupa e scura e plumbea nel Muro del Pianto con un senso di tragedia e di ricordo che palpita dal grigio del quadro.
Sensibilità moderna e al di sopra di ogni regola , pare davvero volutamente ignorare modi e modalità espressive canoniche per trovare un proprio modo di trasmettere la realtà, fatta di pennellate dolci e profumate come fiori, potenti come i loro aromi e seducenti come la musica che se chiudiamo gli occhi sentiamo in ogni tela. Una mostra in 150 quadri che si vivono come una grande festa anche tragica ma toccante e umana come solo la grande arte può essere.
“Forse la mia arte è un’arte insensata, un mecurio cangiante,
un’anima azzurra che precipita sopra i miei quadri.”