Dati per morti ogni 2 mesi almeno, pare godano invece di ottima salute. Certo una serata non è indicativa ma i palati (ben allenati) presenti lo scorso venerdì non hanno storto il naso di fronte a cabernet sauvignon, chardonnay e pinot nero. E anche sulla presunta difficoltà di abbinamento di certi vini alla nostra tavola avremmo qualcosa da ridire…Non si può dire che valga per ogni vitigno forestiero presente nel Chianti Classico ma in certi casi si ha la dimostrazione che ancora più del vitigno conta la capacità di far parlare un territorio.
Sentiamo cosa ne dice Giovanni Folonari:[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=h6Q4QmdWfXE[/youtube]
Al di là delle retoriche varie, l’impressione è che i vini che sono riusciti a costruirsi negli anni ’80 e ’90 un certo seguito e una certa reputazione, ma soprattutto uno stile proprio riconoscibile, continuino a riscuotere successo e a raccontare non solo una idea di vino e un territorio, pur usando linguaggi internazionali. Anzi a volte succede che parlino più chiantigiano alcuni supertuscan con viti ultraventennali che vini DOCG con vigneti giovanissimi o gestiti in maniera sbagliata. E proprio l’età di alcuni vigneti fa sì che questi vini, un tempo noti per concentrazione, estratto e note dolci e accattivanti, risultino più caratteriali e meno omologati di vini a denominazione. E soprattutto li rende molto adatti a pasteggiare senza esagerazioni che coprano il gusto del cibo (nella fattispecie il Cabreo Bianco è stato perfetto sulla farinata con il cavolo nero, ottimo il pinot nero sui ravioli al piccione e notevolissimo il Cabreo rosso sul civiero).
Altri supertuscans, venuti più tardi, fanno molta fatica a gestire una propria identità spesso per mancanza di progettualità da parte delle aziende e oggettivamente un mercato che è già saturo per certe proposte. Intanto il pubblico dimostra ancora di gradire e di riconoscere almeno al gruppetto di 5-6 vini leader uno status di grande vino alla pari delle riserve pià blasonate della denominazione.