Here is the video of the tasting.
A good Nuit St George with typical body and good finish, even in a catastrophic vintage like 2004 for Burgundy. And it has a lot to teach to some ours Pinot Noir (not including Alto Adige, of course!)
English content available
English content articles on Vino da Burde
After reading a Gambero Rosso topic about the value and the importance of being present on the web with english content, after being added to the Vinography main page, after seeing Marco Baccaglio blog with its two language posts and after speaking with Terry Hughes from Mondosapore, I decided to make a new effort for spreading my blog “worldwide”. From now on, I’ll try to write a summary of almost my post in english. To flag the presence of this summary, I have created a new category in my blog, callede “English Summary Available” to show immediately what posts come with english translation. Here is the list of the post with summaries.
Thanks for continue reading!
Go native! WBW 37 Indigenous grape varieties
Here we are for my first WineBloggingWednesday ever! The wine I choose for the DrVino readers is Trebbiano IGT Toscana 2003 from Tenuta di Capezzana.
It started as an experiment from an idea of the world famous winemaker Stefano Chioccioli, much more well know for Tua Rita‘s Merlot Redigaffi and Il Bosco Syrah from Tenimenti d’Alessandro in Cortona. This time Stefano, together with the efforts of the Contini-Bonaccossi family that runs the Tenuta di Capezzana for ages, gave a chance to Trebbiano, better know for simply and honest white everyday wine, to produce a wine worth of ageing. Trebbiano di Capezzana is made from late harvest grapes and the wine is left in half full barrel for almost two years, giving the wine a Sherry taste.
The color is deep gold with amber reflexes and the nose, well, it has more in common with some Istrian organic wines than a typical tuscan white wine.
It has notes of honey, broom, apricot, vermouth and walnut that makes this wine sounds like a mediterrean version of a Montrachet. Ok maybe it’s not so deep and rich but it has a strange charme that make the perfect wine to discuss about wine making, terroir and people’s taste. Here in Italy this wine is not so well know and the limited amout of cask made and the high price (24 euro) for a white tuscan wine is a big obstacle for his spreading.
And the taste and the smell are definitely not what do you expect from a Carmignano white wine where chardonnay and sauvignon gave good results for “normal” and “international ” whites. But here maybe you can start to really feel the terroir under Carmignano, where wine has been made for centuries and where cabernet was first carried from France.
In this little village between Florence and Prato, this single white flower is something you have to try to try something really different from international taste.
Elogio della BIANCA semplicità perduta nel Chianti
Ho volutamente escluso la terminologia “classico” dal nome del post perchè parlo di due vini che della menzione “Classico” riescono a fare a meno ma riescono pure a ricreare in bocca quell’effetto “ragazza acqua e sapone” che tanto intriga anche nel vino. Ovvero quei vini in apparenza semplici, quasi banali, ma che per uno strano e indefinibile motivoti stregano portandoti a berne in continuazione. Quando poi davanti si ha una bella fiorentina (una bistecca intendo) riescono perfino a renderla leggera da mandare giù… Sto parlando di due vini molto diversi ma che mi hanno dato reazioni simili. Il primo è il Salvino, un IGT Toscana volutamente declassato da Chianti Classico per poter usare anche uva bianca e un Chianti Colli Fiorentini Riserva dellla Az. Agr. Le Torri, una tipologia da me amatissima (ovviamente in privato perchè in pubblico dico sempre di bere solo Chianti Classico!).
Il Salvino è della Fattoria Erbolo ed è curato da Andrea Pagliantini, che ho conosciuto degustando qui sul blog il vino del 1973 che suo padre faceva a San Donato in Perano in quel di Gaiole. E’ un vino praticamente introvabile se non presso l’azienda Erbolo e nelle vicinanze ma di cui vi consiglio dimettervi in caccia al più presto. Proviene da vigne di più di 30 anni di età di Sangiovese, canaiolo, malvasia, treppiano, allevati a capo e razzolo (nemmeno io so cosa siano…). Il vino viene “governato” alla toscana dopo l’inverno e passa due anni tra botti di castagno e botti grandi di rovere. Viene venduto circa 3 anni dopo la vendemmia per essere consumato subito, io ho provato il 2004. Come vedete niente più che il rispetto di una lunga tradizione contadina chiantigiana, a partire dall’uvaggio passando per il governo (oggi farebbe più figo parlare di “ripasso”) e finendo cone le botti di castagno. E cosa vien fuori da questo processo direte voi? Ecco, un vino estremamente piacevole, fresco vivace, dai profumi vinosi e carnosi di frutta e di viola mammola,dove fragola, amarena e crostata di ciliegia si accompagnano tranquillamente senza stancanti legnosità Un vino che però ti colpisce molto di più in bocca che al naso. In bocca pare infatti un biodinamico di quelli fatti bene, con pochi spigoli ma un carattere deciso e vitale, insomma il Sangiovese al suio meglio grazie all’azione sinergica dei suoi “storici” compagni d’avventura, bianchi e non.
Solo ora (16 ottobre) mi accorgo che non sono stato il primo a parlare di questo ottimo vino! Già lo avevano fatto Tommaso Farina, TigullioVino e Franco Ziliani: sono in uona compagnia!
Il Chianti Riserva Le Torri è un ben più moderno blend Sangiovese – Canaiolo – Trebbiano Toscano – Cabernet Sauvignon e addirittura osa i 24 mesi in barrique (2° e 3° passaggio). Quindi è piuttosto il prodotto di una enologia moderna e tecnologica che un antistorico ataccamento al passato. Moderna enologia che ha prodotto due IGT di classe (Magliano e Vigliano cui , alla cieca durante la scorsa VII Selezione dei Vini Toscani, ho attribuito 87 e 89 punti. Moderna enologia, però, al di là di evidenti ed eleganti note speziate al naso, ciò che lo rende similie al Salvino è l’effetto di freschezza e vivacità che ottiene in bocca, rendendolo bevibilissimo e incantevole nella sua semplicità. Il test della bistecca ha messo in evidenza i suoi pregi come vino da ciccia, sempre pronto a rimuovere l’eccesso di succulenza ma ma troppo aggressivo con i tannini sul palato.
Sempre in pubblico, non posso dire che togliere la possibilità di mettere le uve bianche nel chianti sia stato un errore, però in privato a casa mia…sapete come mi comporto! Già mi sono beccato il bonario rimprovero di Marco Pallanti del Castello di Ama alla conferenza di presentazione del Chianti Classico ai sommelier AIS lo scorso anno, ora con questo post mi vedrò boicottare pure da qualche altro produttore! Ah, mi sono scordato un elemento fondamentale, il Salvino lo trovate in enoteca sugli 8 euro e il Chianti Riserva Le Torri sui 10,50, dire ambedue centratissimi!
English Summary: since 2006 it’s not more possible to use white grapes (trebbiano and malvasia) in any of the Chianti Classico blends and for this is very bad news! I recently tasted two chianti, one from Chianti Colli Fiorentini, Azienda le Torri Riserva 2003 and the other one from Chianti Classico zone of Gaiole, named Salvino IGT 2004 from the Erbolo vinery . I found these wine impressive notably in your mouth with soft but present tannins and a rare delicacy compared to other wines coming from these terroir. The Salvino is aged 2 year in chestnus barrels (like we did 50 years ago everywhere in Tuscany) and was freshen up with the “ripasso toscano” method for increase the body and freshness of the wine using dried grapes added to the wine after it comes out of the fermenting tank. The Chianti Le Torri Riserva is more normal with 24 months ageing in used barrique. But both have white grapes in the cepage and this in my opinion give these wines a radical new sprint that results in a easier to drink wine and more readiness. And this for many Chanti Classico bottles is not so common!
45 di questi anni…anche se è Fontanafredda!
I miei amici barolisti sfegatati al limite dell’autolesionismo su RexBibendi e il Franco Tiratore sicuramente storceranno il naso di fronte a ciò che sto per scrivere e mi diranno di cercare altri vini ed altre annate però oggi lo devo dire, un Barolo Fontanafredda del 1962 è un GRANDE VINO. Certo, lo so che il 1961 è una delle annate “grandi” e il 62 no e lo so che per un Fontanafredda qualsiasi ce ne sono a decine di migliori ma non è colpa mia se oggi era il 45esimo anniversario di matrimonio di mio zio e se l’unica bottiglia del 1962 che avevo in cantina era proprio questa….
Aperta con la consueta maestria dal sottoscritto dopo aver letto sul cartellino penzolante dal collo della bottiglia che recitava “Fontanfredda LA grande azienda vinicola piemontese” e che mi consigliava di bere il vino tra i 20 e i 22 gradi (cioè la temperatura ambiente qualche decennio fa…ora invece mi pare sia 18-20!), ammiro il tappo intatto e integro e decisamente corto (la lunghezza oggi di un IGT da 5 euro) . Evitando il decanter per salvaguardare il vino da shock ossidativi, ecco che con mia sorpresa nel bicchiere scivola un liquido aranciato dai riflessi bellissimi e di una limpidezza quasi sospetta! Giusto una decina di secondi perchè se ne vadano un pò di arie di chiuso ed ecco che cominciano a stagliarsi sotto il naso note di tartufo, di goudron, di lacca, smalto, di ruggine e un humus settembrino, appena mescolato ad una grassa liquirizia e della prugna secca. Non si sono molte note floreali (nemmeno le mitiche “cimiteriali” che un grande degustatore mi fece scoprire) e la poca frutta che è rimasta è decisamente sotto spirito però le note terziarie bastano e avanzano per il momento!
Nel bicchiere intanto il vino prende coraggio e anche io mi decido a berlo rimanendo colpito dalla vivacità del vino stesso, altro che vino andato! C’è una freschezza discreta, un alcol che non prevarica e un tannino quasi dolce (seppure ancora presente!). Finale liquirizia e balsamico che non se ne vanno prima di una decina di secondi. Che vi devo dire, visto che un Fontanafredda (già MPS nel 62…) regge così il tempo ed è quasi piacevole oggi, cosa doveva essere il 1961 degustato lo scorso Aprile a Torino??? Se siete curiosi di scoprire cosa si sono bevuti nella verticale di Monfortino leggete qua ma se non vi avanzano 300 euro e passa, secondo me potete anche provare a stappare qualche bottiglia nella vostra di cantina (statisticamente un barolo degli anni 60 ce l’abbiamo tutti!!!). Non sarà un grande Barolo ma probabilmente mi pare di cominciare a capire che se è un Barolo, non è mai da sottovalutare…e se lo dice uno che continua pervicacemente a preferigli sempre e comunque un Brunello, credeteci!
p.s.
Per chi volesse provare su Ebay lo vendono a 49 euro.
English summary:
Last saturday was my uncle’s 45 anniversary of marriage so I found in my cellar an ancient Barolo 1962 Fontanafredda bottle. I decided to try opening it to discover what can be now this “normal” Barolo, not so celebrated worldwide and in Italy more know for the quantity of bottles than for the quality of the wine…And for my surprise was quite good with goudron and liquorice, sweet humus, earthiness and some old plum. In mouth was yet alive with good freshness, soft tannins and a still present body. After all a good and unexpeted surprise, since the 1962 vintage was not so good as the 1961 (but as some said to me, maybe in the ’62 wines they used a bit more of ’61 than what they could…). If you found a bottle for less than 40 € pick it up and try but if you are really looking for a fantastic old Barolo, look for Aldo Conterno’s or Mascarello’s wines.
Gioie di stagione: arriva la schiacciata con l’uva!
Ogni mese ha le sue gioie e a settembre in Toscana c’è sempre stata nel corso dei secoli un sacco di uva buona dolce che ci sembrava brutto usarla per fare vino e allora ecco che ci siamo inventati un dolce “povero” come tutta la nostra tradiziona culinaria che permettesse con un pò di pasta lievitata da pane, olio e appunto uva di mettere in tavola un dolce succulento e tenero. Da allora le versioni si sono moltiplicate e come giustamente anche ‘Ino fa notare, ognuno ha la sua versione preferita, da quella più panosa dove l’uva è affogata nella pasta, a quella con l’uva senza semi (senza tannini…), fino alla mia preferita ovvero una schiacciata che potrei definire banalmente un lago di pasta semiconfusa e sciolta nello zucchero porpora dell’uva a dare un piccolo mosaico di isole scure in un mare di melassa. Insomma, Gianna di TrashFood me la boccerebbe di sicuro!
Da Burde ne prepariamo una versione un po’ più light di cui vi riporto la ricetta qui sotto ma chi fosse interessato alla versione da me preferita, si faccia avanti che si organizza!
Ingredienti: 400 gr farina, 25 gr lievito di birra sciolto in un po’ di acqua tiepida, zucchero, sale, olio extravergine d’oliva, tanta (1 kg e più) uva nera del tipo “da schiacciata”
Staccate gli acini dai grappoli d’uva e puliteli delicatamente con un panno umido senza lavarli. Mettete a fontana sulla spianatoia la farina con al centro il lievito, il sale, 50 gr. di zucchero e 5 cucchiai d’olio e lavorare il tutto versando poco alla volta dl. 1,5 di acqua tiepida. Formare una palla, ungetela d’olio, ponetela in una ciotola e copritela con un foglio di pellicola trasparente per alimenti. Lasciatela lievitare per 30 minuti, quindi dividete la pasta a metà e stendetela sottile con il matterello. Con una parte coprite il fondo di una teglia rettangolare di circa 30×40 cm. ben unta d’olio. Spennellate la pasta d’olio, copritela con la metà dei chicchi d’uva schiacciandoli leggermente in modo da farli penetrare nell’impasto e spolverizzate con 2 belle cucchiaiate di zucchero. Coprite con la pasta rimasta facendo ben aderire i bordi e spennellatela ancora d’olio. Distribuitevi sopra i chicchi rimasti e coprite con pellicola da alimenti. Lasciate lievitare per un’altra mezz’oretta e poi spolverizzate la superficie con altre due belle cucchiaiate di zucchero. Cuocete in forno preriscaldato a 180° per 50 minuti circa.
In Tuscany during September we always had a lot of fantastic and sweet grapes and since we couldn’t use it all for wine (that we already have in quantity…) we discovered to use it for making a fantastic cake. Just every tuscan and florentine reciper is “poor” and simple, you have only to use bread mill, water and baking powder to make the dough for the bread and then put on a cake pan in the oven this a lot of red grapes on it together with sugar and not to forget, Tuscan Oil (Extra Virgin). Cook for about 40 minutes (the time necessary for the sugar and the grape to melt in a lake of a deep crimson) and you’re ready! Or you cant try visiting florence in September or October and taste for yourself!