Ancora non so come finire di ringraziare Alessandra Atzeri (cagliaritana DOC trapiantata a Regent’s Park, beata lei) e la possibilità che ha dato a me e agli allievi londinesi del corso di Sommelier AIS UK di definire il proprio palato e tarare il proprio naso sulle eccellenze mondiali enoiche martedì scorso. Siamo a Regent’s Park, proprio sotto la famosa Primrose hill da cui si ha il più bel panorama “naturale” di Londra e qui ha sede questa dinamica e innovatica casa distributrice e importatrice di fine wines.
Da bravi sommelier di provincia trascuriamo bollicine e bianchi (per ora) e ci lanciamo sul cavallo bianco indomito del Saint Emilion, il vino che ogni enosnob dichiara come vino del cuore e per oggi mi accodo volentieri. Questo 2004 ha stoffa da vendere, un purosangue ancora giovanissimo e inesperto ma che già profuma di viola, di caffè, di liquirizia, di ribes in maniera trionfale. Dopo lo Cheval è un pò punitivo buttarsi sugli altri vini ma le sorprese non mancano. Villa Russiz Graf de La Tour (unico italiano sul tavolo insieme ad un Sassicaia 96) sorprende per estratto e finezza e batte nettamente in eleganza diversi Chateau Bordolesi in sala come Lynch Bages e Haut Batailley 2001.
Spiccano invece per persistenza e freschezza inaudita un Penedes 1999 Juan Leon a me finora sconosciuto come anche questa SpringFlield Estate, aziendea del Robertson dal SudAfrica che piazza tre gemme come questo Cabernet, il dolce Straw Wine e il bianco da Chardonnay vincitore del confronto Borgogna vs resto del mondo al piano superiore.
Notevoli il Cabernet di Nicolas Catena Zapata (con un decisamente influenze 22% di Malbec) e anche i bianchi a base Torrontes e Chardonnay erano godibilissimi. Nella sala cosiddetta “Main stage”presenti numerosi vini dalle provenienze più disparati. Degni di nota i due A to Z dall’Oregon con un Pinot Nero e un Pinoti Bianco immediati piacevoli e senza sbavature (e pure tra i più convenienti della sala a livello di costo). Ampia selezione dalla Francia del Sud (un discreto Lirac, Clos de Sixte Alain Jaume) e sfida con un Mourvedre in purezza dall’Australia (il sempre affidabile d’Arenberg, addirittura sublime con il Cabernet Coppermine Road 2000 da MacLaren Vale).
Dalla Spagna un ottimo Grenache da vielles vigne Etim da Montsant e un “organic monastrell 100%”da Casa de l’Ermita 2004 da Jumilla. In mezzo alla sala troneggi un 3 litri di Ceretto Bricco Asili Barbaresco del 1990 che al naso impressiona ma in bocca ha un goudron un pò coprente, ma grandissimo tutto comunqu. Altro rosso interessante è poi l’Heritage Dry Creek Zinfandel da Sonoma del 2006, boscoso e fruttato e senza off flavours animaleschi spesso presenti in certi Zinfandel USA. Tra i bianchi, i “nostri” Lageder e Maffini danno del filo da torcere a “normali” Borgogna e Mersault ma rimango colpito dalla freschezza e dalla rotondità di frutto di un Santorini e soprattutto stordito per un pò dall’intensità che il Bacchus delle Cantine Primrose Hill riescono a produrre (primo vino inglese assaggiato in vita mia, si vede devo ripetere l’esperienza!).
Nella stessa stanza, angolo tutto per Krug con la Grande anneè sempre decisa e imponente, da aspettare ma già ora rotonda e scalpitante e sommamente complessa. Solita nota vivace e stuzzicante per il grandissimo Krug rosè (ne potrei bere a casse a qualsiasi ora della giornata, giuro) e standing ovation di fronte ai due Krug Collection presenti con tanto di lettera personalizzata da lo chef de cave. il 1985 è davvero stunning per concentrazione, spezia morbida e avvolgente che riesce ad esprimere. Il 1981 è molto diverso, più caldo, di foglia secca, di humus di frutta gialla, di sapiidità. Da non sapere quale scegliere ma se davvero devo spendere uno stipendio (ma non basta comunque) direi il 1985, bevuto adesso è davvero vicino alla perfezione per questa tipologia di vino.
Presente anche il Vintage 1998 in quasi anteprima, deciamente tagliente e affilato, giovanissimo ma con la stoffa del fuoriclasse, di pochissimo inferiore al grandioso 1996 (che assaggeremo insieme sabato ad Enogenio così vi spiego meglio cosa intendo…).
Sezione vini dolci e qui le cose si mettono male per il palato perchè c’è un trittico da paura di Sauternes con Yquem 1999, monumentalmente soffuso ed elegante come sempe, Suduirat 1989 in piena caramellizzazione e terziarizzazione, affascinante e camaleontico e un La Tour Blache 1995 con spunti di acetone un pò aggressivi. Tra gli altri bianchi, il migliore senza dubbio l’esuberante complessità soffusa del Dr Loosen Riesling Bernkastler BeerenAuslese 2006 seguito a ruota dal Vin Santo Chianti Rufina della Fattoria di Basciano. Grande curiosità per un Grenache passito “Nostalgia” di D’Arenberg e per un Pinot Nero passito dolce dalla California, cantina Marmesa Vinery da Edna Valley.
Presenti anche Rivesaltes e Maury ma la vera scoperta è lo Straw Wine di De Trafford dallo Stellenbosch, tutto da Chenin Blanc. Intenso e soave, con una nota di fieno fresco e un floreale che lo staccavano da quasi tutt i i vini della sala., compreso il “cugino” Coteaux du Layon 2005 di Pierre Bise.
Ultime papille gustative (ma proprio le ultime dopo il Pedro Ximenes più denso che abbia mai assaggiato dall’Azienda Triana, roba davvero da spalmare sul pane) le dedico alla stanza di Audry, produttore finissimo di Cognac, e di Valeria Rodriguez, “prestige trades saleswoman” di Bibendum. Presenti il proprietario della Maison, assagiamo quasi Due parole su Valeria (si, ok, ovviamente è belloccia, argentina, mora, alta, affascinante, ma questo non c’entra…), sommelier di livello internazionale che guarda con ammirazione il mio palmares che darei via seduta stante per ricevere l’offerta di lavoro che ogni sommelier sano di mente non rifiuterebbe mai, ovvero da The Fat Duck con telefonata diretta da Blumenthal . Peccato che la telefonata sia arrivata tre ore dopo la firma del contratto con Bibendum: lei dice che è felice dov’è, ma non riesco a crederle fino in fondo, okay glielo richiedo dopo un altro goccio di Audry da 500 sterline…mi dice che da Blumethal ci va lo stesso, ma da fornitrice di fine wines e va bene così.
Ma più mi guardo intorno, e che guardo alle scrivanie, mi pare davvero che qui a Bibendum ci sia un’atmosfera strana e contagiosa che pervade ogni desktop e ogni parete e persino in bagno parole e immagini non stanno ferme. Ah già poi dovrei anche raccontarvi che lì insieme a me a discutere di vini troppo alcolici e di zuccherui residui di Rieling c’erano Jancis Robinson e Oz Clarke, ma magari non mi credereste…
Tempo di tornare in albergo, meno male che è pieno di taxi.
(tutti i vini e le foto le trovate qui)