Un bianco immediato diretto e che getta nuova luce sulle possibilità dei bianchi piemontesi, ormai presenti sul mercato con vari autoctoni di valore. Questa Nascetta ha una spiccata piacevolezza tropicale che colpisce immediatamente al naso e stuzzica l’appetito e la beva in maniera semplice ma intrigante rivelandosi perfetta sulla minestra in brodo ma capace di farsi valere anche in altre occasioni. Note belle di ribes bianco, gelsomino, biancospino, pesca, ananas e papaja al naso che si confermano al palato che chiude su netta e piacevole sapidità avvolgente e che dona croccantezza al tutto.
Le origini filogenetiche del vitigno non sono ancora chiare (e si spera che nel convegno ufficiale previsto per giugno 2021 possano arrivare dati più certi) ma di certo non ha niente a che vedere con il nasco sardo, semmai qualche correlazione è possibile con il nebbiolo stesso di cui potrebbe essere una mutazione arcaica poi stabilizzatasi. Come il nebbiolo ha sensibilità con il sottosuolo e i versanti e a Novello ce ne sono almeno due, ovvero, quello che guarda Barolo e quello che guarda il Tanaro: i primi con terreno più calcareo e meno sabbioso l’altro con più sabbia, più struttura o più eleganza a seconda di dove vengono uve.
Dalle ricerche svolte nell’ultima decade, si scopre che già nell’800 questo vitigno era noto per la sua bontà. Menzionato nei documenti comunali sulla coltivazione di Alba e Mondovì, veniva principalmente utilizzato come uva da taglio. Da studi più recenti condotti dalla Dott.ssa Anna Schneider, la Nascetta è un vitigno autoctono originario delle colline albesi, parente lontano del Grò blanc, un vitigno tipico della Val di Susa.
Per risalire al nome odierno, occorre ripercorrere alcune tappe fondamentali a partire dal 1877, quando il Di Rovasenda lo definì come “‘Anascetta’, un’uva delicatissima e vino squisito” nel “Saggio di un’ampelografia universale” conservato ancora oggi presso la biblioteca del Dipartimento di Colture arboree dell’Università di Torino. Più tardi, nel 1895, anche il Fantini lo presenta come un’uva che vanta una “finezza uguale al Moscato”, mentre l’ampelografo Giovanni Gagna ne conia il nome citandola come “ottima uva da vinificazione, utilizzata insieme al Moscato bianco e alla Favorita”.