Cominciamo dal caffè o meglio dalla tazzina in cui viene versato dove campeggia una bandiera dell’Etiopia di qualche anno fa con il Leone d’Africa, simbolo di Hailè Selassié, retaggio dell’orgoglio patriottico di Million, uno dei gestori del locale insieme alla cuoca, sua moglie Allem. Un modo per sottolineare la genuinità della proposta che mira a far vivere momenti d’Africa e non solo nel piatto che vi accompagneranno verso casa come e più di quanto di buono avrete assaggiato nel locale.Aiuta molto in questo l’ambientazione e i “tavoli” specie nella parte più etnica con dei bassi panchetti spesso dopo le 22 popolati da giovani fiorentini (e non) che vengono a consumare una birra e uno spuntino (e seguire concerti live e proiezioni che vengono organizzate) ma è determinante la qualità dei piatti e la loro presentazione. Volendo si può mangiare anche seduti con una mise en place classica elegante senza troppi fronzoli e in questo caso fa uno curioso effetto mangiare dove c’era l’Ora d’Aria di Marco Stabile con tutto altro menu.
Ailem faceva la cuoca insieme alla zia a Pistoia già da anni prima che Million riuscisse a tornare in Italia dalla guerra tra Eritrea ed Etiopia e il progetto della coppia, incoraggiato dall’avvocato pistoiese Alessandro è quello di far viaggiare i fiorentini stando a casa.
Ovvio che usando la tavola riesce più facile, specie se accompagnati dai racconti di Million e, quando riesce ad uscire dai fornelli, Aileem. Fondamentale per l’esperienza è il mangiare con le mani (comunque non obbligatorio), reso più semplice dal pane injera, da un impasto acido in fermentazione per 2-3 giorni fino a diventare spugnoso e che viene quindi arrotolato su sè stesso dopo una cottura stile crepes quasi come un cencio. Questo pane viene servito sui piatti e deve essere usato come un fazzoletto per raccogliere il cibo che in effetti viene accolto in maniera perfetta da questo pane. Oppure si trova disposto sul fondo del piatto in modo da raccogliere sughi e intingoli dalle carni che vi vengono adagiate sopra.
Nel nostro menù iniziamo con una zuppa di lenticchie croccante e saporosa (Balegiacchet ) quindi il Dulot antipasto tradizionale con centopelle e fegato, finemente tritato e insaporito con mitmita e burro speziato e infine lo ZIGHINI‘ nella versione sia con carne di manzo che con carne di pecora (è il piatto più tipico della cucina eritrea-etiope) con la carne tagliata a tocchetti e cotta a lungo con una salsa piccante che si chiama berberè a base di peperoncino e di altre spezie. Di contorno, verdure (patate e carote) in salsa agrodolce alicha. I sapori sono pieni e decisi ma mai esagerati, la speziatura è molto particolare per certi versi più simile all’India che al nord Africa e i richiami a certa cucina povera toscana colpiscono in maniera importante (l’uso intelligente del quinto quarto).
Ci si deve abituare ad alcuni cambi di paradigmi (ad esempio meglio thè o birra artigianale in abbinamento piuttosto che i sia pur buonissimi vini SudAfricani scelti con cura e proposti a prezzi interessanti) e ad una successione dei piatti che va scelta con cura ma la cena scorre via in un insieme di piacevoli scoperte.
Nel menu non solo piatti etiopi ma periodicamente vengono effettuati alcuni “viaggi” in altre zone africane ad esempio il Marocco (come il briwates lour nella foto qui a sinistea) o dalla Costa d’Avorio. Il tutto filtrato dalla sensibilità di Aileem in cucina che sa dare un tocco comune alle preparazioni.
Finale con un mascarpone al sesamo assolutamente non tradizionale ma sorta di unione tra dolci “nostri” e il tocco speziato africano. Ma soprattutto il ricordo che ci accompagna a casa è il gusto potente e aromatico del caffè al cardamomo servitoci dalla brocca tradizionale con filtro di crine di cavallo. Un modo di salutare e di farsi ricordare a lungo.
African Sky Ristorante e Lounge
via Ghibellina 3 Firenze 0552477416 – chiuso il martedì – http://www.africansky.it/ info@africansky.it
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