Sull’ultimo numero del Gambero Rosso c’è un articolo un pò autoincensante (ma stavolta forse hanno ragione) sulla riscoperta dei rosati e anche la rivista AIS De Vinis dedica con Franco Ziliani una pagina in chiusura a questo fenomeno. Anche Slawka (Suafca) G. Scarso in un articolo su tigullio vino e nel suo blog Marketing del Vino tratta l’argomeno in un post…che dire?
Facendo due conti anche da Burde quest’anno abbiamo venduto quasi tre volte tanto rosè che gli scorsi anni, eppure in carta ne abbiamo solo 5 (Castello di Ama, Riecine, Piano Piano Terre di Talamo, Vin Ruspo di Capezzana). Nonostante questa scarsa attenzione, sono andati via senza problemi, complice il caldo sì ma anche il tam tam mediatico che ovunque si può osservare. Personalmente sono un grande fan dei rosati in quanto permettono abbinamenti altrimenti difficile o addirittura impossibili. Da Burde per esempio si consiglia il rosato sul baccalà alla livornese (alternativa rossa pinot nero come quello di Fortuni) e sui crostini toscani dove un bianco è in forte difficoltà per intensità e corpo e un rosso è troppo abbondante di spessore e tannino. Ma lo consigliamo anche sul civiero di farro e manzo con spezie medioevali semifreddo.
D’inverno ve lo proponiamo di gusto sulla pasta e fagioli e anche sulla ribollita.
Abbinamenti più astrusi lo portano anche su carni arrosto come la pancetta di vitella arrotolata e su qualche formaggio ma in genere direi che come accompagnamento di antipasti e primi vale tantissimi bianchi toscani. Fra quelli che abbiamo quello di cui ne vendiamo di più è il Ruspo di Capezzana per motivi tradizionali e di territorio e il Castello di Ama che in effetti è buonissimo ma vende molto anche per il nome (io l’ho scoperto alla mostra Taste del Gastronauta alla Leopolda). Gli altri seguono un pò a distanza ma rispetto al passato come vi dicevo è veramente tutta un altra storia.
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