Quando si parla di vini dolci a tavola le reazioni sono spesso di orrore e disgusto e tiriamo in ballo scusanti varie per non provarci nemmeno. Vito Mollica del Four Seasons Firenze invece di fronte ai 12 vini previsti per la serata, uno per ogni annata da 12 grandi Chateau di Sauternes e Barsac compreso il monumentale Chateau d’Yquem (a seguito della grande degustazione pomeridiana di cui trovate traccia qui), si è ingegnato per adattare alcuni suoi piatti alla causa e riuscendo al contempo a non esagerare in intensità e consistenze per permettere una cena agevole e senza affaticamenti eccessivi al palato, cosa scontata quando si vanno a bere vini con minimo 14% di alcol e 150 grammi/litro di zucchero…Le annate in gioco variavano dal 1988 al 2005 e quindi un’ampia gamma di sensazioni gustative dalla spietata dolcezza di alcuni vini più giovani fino alle note speziate, idrocarburiche e di zafferano di bottiglie con maggiore affinamento. Il bello dei Sauternes (intesi come vini muffati, al di là delle differenze tra le varie zone come Barsac e, appunto, Sauternes) è proprio questo ovvero cambiare molto il carattere da annata ad annata con vini pronti più beverini e meno impegnativi in annate minori a vini opulenti e ricchissimi praticamente inabbinabili e poco godibili se non dopo anni e anni di affinamento in bottiglia.
E proprio in bottiglia i vini assumono caratteristiche particolari e spesso imprevedibili che richiedono ai piatti una certa nota barocca di spezie, creme, consistenze particolari e grande uso di ingredienti “nobili” classici come foie gras, tartufo, astice, pollo di Bresse, canditi fino alla foglia d’oro.
Il “gioco” di Vito Mollica è stato quello di partire da preparazioni proprie e tipiche italiane (per esempio i cavatelli con carbonara di astice) e giocare ad aggiungere note aromatiche particolari in grado di irrobustire il piatto e di renderlo più persistente in maniera da scoprire sfumature e particolarità gustative dei vini che altrimenti per il palato sarebbero riuscite difficili da notare.
Nel caso specifico, ad esempio un vino come Chateau d’Yquem 2001 con le sue note di zafferano e ostrica, fico e ananas caramellato, lime candito, limone e caramella agli agrumi bevuto senza accompagnamento poteva persino sembrare banale o semplice nella
sua espressione, mentre in abbinamento con macarons al foie gras , ecco saltar fuori la sua struttura e la sua possanza nonchè rivelata la sua magica ambivalenza sapido dolce in tutto il suo ambiguo splendore.
Apprezzare l’incedere degli anni sui Sauternes è sempre uno spettacolo dei sensi ma quando si ha davanti un vino Chateau La Tour Blanche 1997 con il suo miele d’ acacia, arancio e gesso, bocca corposa e di mela caramellata, zenzero e iodio, bel finale solare e gioioso non spaventa trovarsi davanti un piatto impegnativo come la quaglia farcita alle albicocche
secche con foie gras si manifestava in tutto il suo spessore e varietà organolettica, considerando anche il pezzo di foie gras scottato che fungeva da contraltare alla crema di pastinaca presentata sotto la preparazione.
O ancora esemplare lo Chateau de Myrat 2001 (Barsac) con una nota di muffa nobile (Bothrytis) sontuosa e classica dell’annata , caramello e mela candita, bocca grassa e opulenta , dal grande avvenire 93 incalzante e risolutivo sullo Scampo al vapore con ricotta tiepida arancia candita e grassetti di Cinta senese un piatto in genere leggero e arioso ma che qui viene inspessito e non poco con l’arancia candita che marca prepontemente il finale di bocca e reso sapido e grasso dalla Cinta senese, indispensabile per tenere a bada la dolcezza del vino e star dietro alla sua persistenza indefinita.
Alternativa comunque valida, berci dietro un Chateau Doisy Daëne 2005 da Barsac che è invece appena accennato, floreale con agrumato leggero e dal finale delicato, in un abbinamento che appesantisce di meno e sottolinea meglio lo scampo al vapore che non viene sacrificato sull’altare della muffa.
Presenti anche piatti “light” nella cena come il gradevole intermezzo della Crema di pollo di Bresse con royale di fegatini e tartufo nero che andava affrontata con la delicatezza di un vino come Chateau Doisy Vendrines 2005, (Barsac) dalla grande finezza, sapido e citrino,molto bevibile, scorrevole e piccante.
Molta discussione su quale vino poteva rendere al meglio il gioco dei sapori sui Cavatelli con carbonara di astice, e alla fine possiamo dire che Chateau Climens 2002, (servita in formato magnum) da Barsac con il suo carattere minerale calcareo e gessoso, delicato al naso, bocca dolce con finale che ritrova una bella bothrys.
Incredibilmente si arriva anche al dolce “dolce” ovvero lo Zuccotto al mascarpone con zabaione alle nocciole servito sotto la foglia d’oro sventolante, piatto molto più arioso e leggero di quanti tutti temevano e divertente da abbinare con un Chateau Guiraud 2000 e i suoi canditi, i ricordi di nocciole e tostature, bocca impalbabile, grande finezza e finale limpido.
Giusto il tempo di apprezzare con un erborinato di casa nostra come il Blu di Corzano e Paterno (un gorgonzola da latte ovino) con lo Chateau Rieussec 1997,
dalla profonda e intensa bothrys , la mela caramellata e zafferano, ginger e scorza d arancia, chiodo di garofano ecco che siamo finalmente giunti al momento in cui possiamo anche rilassarci e assaporare la dolce magia di Chateau Suduirat 1999 carnoso di arancio candito, bocca della stessa sostanza, giovane e cangiante, finale di zagara e ginger da manuale, giovanissimo e scalpitante, a modo suo, e che ci ricorda che anche la dolcezza può regalare brividi ed emozioni a tavola, basta assaggiare e gustare senza paraocchi e aver voglia di osare.