Lo so che siete stanchi di leggere i miei post quindi per oggi lascio la pagina a Giulia Graglia, una neo sommelier che in realtà nella vita è sceneggiatrice di film horror (forse l’unico lavoro al mondo più bello del nostro, o almeno per un devastato nella psiche da filmacci di mostri di serie Z come il sottoscritto) nonchè una delle assistenti di Lorenza di Witaly.
Come saprete, il 2 Luglio scorso c’era a Roma la Giornata del Sommelier (che io chiamo del Sommelier laziale, ma è una polemica mia…) ed è la festa di “laurea” dei nuovi sommelier dell’AIS Roma, come sempre splendidamente orchestrata e diretta da Franco Ricci e Daniela Scrobogna. Visto che non ci potevo andare ma ero curioso, ho chiesto a Giulia di farmi un paio di foto, che trovate qui, e già che c’era, di scrivermi due righe sulla giornata. E ne è venuto fuori un bel pensierone sul cosa significa essere sommelier e soprattutto sul fatto che IN EFFETTI è un corso che la vita te la cambia eccome, e direi quasi sempre in meglio! Senza contare che ci rammenta un paio di episodi e momenti che prima o poi sono capitati a tutti…
“Il corso da sommelier vi cambierà la vita” sentenziò Franco Ricci durante la prima lezione, quasi un anno e mezzo fa. Cosa avrà poi da cambiare, mi domandavo io… Il vino lo amavo già, pensavo soltanto che avrei acquisito un sacco di tecnica. E qui, come dice sempre mia nonna, cascava l’asino…
Prova ne è stata la cerimonia per la consegna dei diplomi di ieri, quando, in mezzo a sorrisi, foto e complimenti, vuoi o non vuoi mi sono trovata a tirare le somme del percorso. Tecnica sì, beh, almeno quella… con quello che è costato il corso! Capacità, ci si prova, insomma, ora sento l’odore di zafferano anche quando salgo in ascensore e vedo bosso dappertutto… Fin qui insomma tutto normale. Eppure io sono entusiasta di questo diploma e mi illumino davanti ad una carta dei vini quando leggo il nome di una bottiglia che riconosco, oppure quando bevendo un bicchiere mi rendo conto di aver già assaggiato quel vino. Ci sarà un motivo.
Ricci chiama il diplomato che si alza, riceve il diploma e viene baciato, riceve il taste vin ed una stretta di mano, poi la spillina, i depliant per i master e infine la tessera vitalizia. Beh, l’emozione non è mancata. Però niente mi ha fatto venire i brividi come i cori da stadio che si alzavano ogni qualvolta Ricci chiamava uno dei nomi del nostro gruppo (tant’è vero che mi sono beccata un paio di occhiatacce della Scrobogna che mi guardava cercando di ricordarmi il “decoro” del sommelier… ). E lì ho capito. Il valore aggiunto del corso sono state le persone conosciute.
Forse a chi legge la cosa suonerà strana, ma noi siamo stati il corso cavia per sondare se fosse possibile dare vita ad una serie di riviste enologiche ad opera degli allievi durante il secondo livello. “Create voi le redazioni!”. Risultato: dopo aver combinato ben 19 persone dai 25 ai 35 anni (su per giù…), che nella vita tranne la sottoscritta fanno tutt’altro, e aver lavorato come matti ecco le conseguenze: la rivista è risultata la migliore fra tutte e noi assolutamente inseparabili. Quasi incredibile in età pressoché adulta trovare 18 amici. Credo che sia colpa del vino e del percorso fatto tutti insieme, quando dopo le lezioni si andava a bere, o anche prima e soprattutto durante…
Credo che la cosa migliore sia potere associare una grande passione a dei grandi amici: ogni volta che bevi pensi a loro e ogni volta che pensi a loro ti viene voglia di aprire una bottiglia di quelle come si deve. Amavo il vino prima di iscrivermi al corso, ora forse lo conosco un po’ di più e mi sembra ogni tanto di capirlo, ma l’emozione che si prova a condividere il piacere di un sorso con chi la pensa come te e prova in quel preciso momento la stessa sensazione non ha paragoni.”
Giulia Graglia