Con supremo atto di coraggio ieri sera Guido Ricciarelli mi ha dato la parola nell’interessantissima tavola rotonda sulle guide.
La discussione è stata veramente interessante soprattutto perchè c’erano di fronte chi le guide le cura e le scrive e c’è stata l’occasione per discutere sul ruolo delle guide attuale, su cosa vogliono i produttori e viceversa. In più è venuta fuori una richiesta molto esplicita da parte dei produttori, in particolare con la voce di Ornella Venica, che ha chiesto alle Guide di comunicare ai lettori la persona e gli umonin e la storia che sta dietro ad un bicchiere di vino, piuttosto che i suoi profumi o i suoi punteggi…
La discussione è iniziata con Ernesto Gentili della Guida dell’Espresso che esordisce facendo notare quanto sia varia l’italia con vigneti dalle cime innevate alle sabbie con microclimi e terroir diversissimi, elemento che rende terribile il fatto che ci siano troppi vini simili in diversi angolo d’Italia. Più ci appiattiamo su criteri di qualità e tipologie di vino omogenee più facciamo il male dei nostri vini. La qualità media è molto alta ma c’è un grosso problema nel fatto che su 20 bottiglie ce ne sono almeno 1 che sa di tappo e soprattutto degli altri 19 bottiglie il vino è anche molto diverso per cui può accadere che diversi degustatori non si trovino d’accordo su di un vino proprio perchè si tratta di campioni di lotti differenti. E ciò è anche derivato dal fatto che gli editori vogliono chiudere il prima possibile la Guida per essere in libreria prima possibile mentre i produttori ritardano l’invio dei campioni per avere vini più pronti e al punto giusto per essere assaggiati. Spesso quindi i tempi editoriali creano problemi al lavoro dei redattori.
Daniel Thomases dice che dovremmo essere al capolinea per i vari Cabernet Merlot e Syrah piantati ovunque in Italia e che l’epoca dei vini bodybuilder è ormai terminata. Anche una tipologia estremaa come l’Amarone (ieri c’erano Allegrini e Dal Forno in degustazione…)ha ormai un mercato solo al Nord Europa e sempre più ristretto. C’è si una riscoperta di autoctono e pratiche enologiche tradizionali contro l’alloctono e la barrique ma in molti casi se alcuni vitigni erano diventati minori e soprattutto se certe botti erano state abbondonata un motivo c’era e adesso non ha senso demonizzare la barrique e tornare a vini acidissimi scomposti fatti in botte poco salubri solo perchè vanno di moda…In seguito thomases risponde alla domanda su come mai dalla Veronelli sono sparite cartine e commenti, lasciando quasi solo i punteggi, risponde che è stata una scelta dell’editore sulla quale non si trova affatto daccordo.
Mojoli di slow Food e Gambero Rosso sposta l’ottica sullìagronomia e sulla provocazione di Carlin Petrini che dice che non è possibile pubklicare una guida per i vini di serie A e una sui vini da tutti i giorni. La soluzione è intercettare la richiesta del mercato d conoscere meglio l’agronomia dietro i vini che compriamo e dare spazio all’agronomo in contrapposizione alla figura dominante di questi anni che è stata il winemaker enologo. Quindi grande spazio anche ad aziende che investono in ricerca, anche in rapporto con Università e anche attenzione al cambiare il nostro linguaggio di comunicatori del vino. é cambiato il modo di discutere e di vendere tutto e il vino non si è evoluto come altri settori. Occorre cambiare qualcosa nel giornalismo del vino non solo nel modo di redigere le guide.
Luigi Cremona presenta la sua guida edita da TCI agli Autoctoni, ultima nata in ordine di tempo e subito dimostratasi diversa, sia per il tema centrale dell’autoctono e dei vini tipici e rispettosi del terroir ma anche perchè fatta da giovani con mentalità e risultati piuttosto diversi rispetto alle altre guide. Inoltre per adesso è l’unica guida consultabile via cellulare e questo in un paese che compra più cellulari che cibo, è un fatto importante.
Segue poi un intervento flash (ma che prego l’interessato di approfondire in altra sede perchè vale la pena) di Pierluigi Gorgoni (bravissima penna di Spirito Di Vino, sua la degu verticale di Sassicaia e di Rosso del Conte nell’ultimo numero) che fa notare che dovremmo smetterla di dare punteggi e dovremmo trasmettere più ciò che sta dietro al bicchiere e le persone che lo realizzano.
Infine (penultimo…) arrivo io che da Sommelier Informatico vengo interrogato sul punto di vista dei blogger e in generale di internet sulle guide e sul comunicare il vino…
E racconto che secondo me il vino è un tipico prodotto di nicchia, di quelle nicchie che adesso in termini di volumi sono quasi diventate mainstream. In pratica la teoria economica della Coda lunga di Craig Anderson applicata al vino dice che una somma di nicchie di mercato vale più del resto del mercato cosiddetto di massa.
E nel vino è davvero così con etichette che non vendono che qualche migliaio di bottiglie ciascuna ma tutte insieme sono una forza enorme. E per star dietro a questa somma di mercati di nicchia le guide non sono lo strumento adatto. Sono prodotti editoriali e perforza di cose limitate per questioni di costo e di risorse da destinarsi e non potranno mai coprire una realtà italiana veramente significativa. Un pò come WikiPedia e l’Enciclopedia Britannica dove Wiki ha circa 1000 volte il numero di voci della Britannica e un’autorevolezza media altissima che la rende uno strumento fondamentale per il terzo millennio.
Concludo invitando i curatori delle guide a non sottovalutare internet e il lavoro di centinaia di giornalisti e amatori che riempiono forum blog e siti vari di un numero impressionante di recensioni e degustazioni, un numero che se guidato e organizzato potrebbe davvero essere LA guida per eccellenza.
E oltretutto, come anche Fiorenzo faceva notare qualche giorno fa, davvero i produttori hannno bisogno di guide e giornalisti per parlare con i loro consumatori? O piuttosto non è il momento in cui internet consentirà al consumatore di fare a meno dello strumento guida?
E il ruolo del sommelier comunicatore, non è forse lui che può contribuire a colmare direttamente al tavolo del consumatore quel divario che ancora separa quelli che il vino lo fanno e quelli che il vino lo bevono?
Secondo me appunto, la guida che guiderà il futuro sarà quella che smetterà di considerare internet un guazzabuglio di scribacchini e si deciderà ad utilizzare il potenziale largamnente inutillizzato che giace sui nostri server…
Ieri nessuno dei curatori (eccetto Luigi Cremona) pare considerare la blogosfera un ambito inetessante.
Boh, io gliel’ho detto poi tra 5 anni vediamo…