Sarà stato il freddo o l’eterno revival delle “buone cose semplici” ma venerdì scorso la serata Bollito-Barolo ha superato ogni aspettativa di affluenza (oltre 90 partecipanti) con quasi 100 kg di carne cucinata (tra i canonici 14 pezzi diversi), i quasi 10 litri di salse e oltre 60 bottiglie consumate tra Dolcetto (solo 10) e Barolo (tutto il resto). Un modo semplice per dimostrare che il Barolo può e deve essere bevuto più spesso? Di sicuro non si trattava di una cena normale nè di tre bottiglie normali. Ovvio che stare a tavola con 14 portate di carne tra pezzi di prima scelta e ammennicoli non è cosa da tutti i giorni ma la capacità e la facilità con cui sono stati consumati i litri di nebbiolo non è molto comune, specie a queste latitudini. Dicevamo innanzitutto la composizione del bollito e delle sue salse, raccontate da Paolo Gori, ovvero sette tagli di polpa (tenerone, scaramella, muscolo di coscia, muscoletto, spalla, fiocco di punta, cappello del prete), sette ammennicoli (lingua, testina col musetto, coda, zampino, gallina, cotechino, rollata) e sette bagnetti o salse: salsa verde rustica, salsa verde ricca, salsa rossa, cren, mostarda, cugna, salsa al miele:
Poi abbiamo avuto la presenza importante di Marco Sassano che ci ha introdotto Borgogno e il nuovo-vecchio corso suggerito da Farinetti e suo figlio Andrea da quando 5 anni fa hanno rilevato l’azienda:
Nel corso della cena grande apprezzamento per il Dolcetto d’Alba 2010, fresco e croccante, dissentate e quasi quotidiano come carattere e soprattutto per la triade di BArolo molto diversi tra loro, il curioso No Name (un 2005 declassato) , un regale Riserva 2003 e soprattutto un sorprendente Riserva 1998 ancora perfetto in tavola e con acidità residua che ne allungheranno ancora la vita.
Una serata piacevole che è scorsa via tranquilla senza soluzione di continuità tra piatto, bicchiere e chiacchere con i vicini, uno spirito piemontese in salsa toscana, forse il meglio che il nostro paese possa offrire in tema enogastronomico?